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    La biobanca: una banca per la vita (a cura della dott.ssa Lucia Galvagni)

    La medicina avanza per prove sperimentali che alcune volte si dimostrano inesatte e in quest’approccio che la caratterizza, la ricerca si delinea oggi come un passaggio essenziale per l’acquisizione di conoscenze ed informazioni che riguardano la salute e le malattie umane. La possibilità di studiare patologie a partire dalla raccolta di campioni biologici rappresenta in particolare una delle modalità con cui è possibile comprendere caratteristiche, diffusione ed evoluzione di alcune malattie, rare o molto importanti, quali possono essere i tumori. I dati inerenti la salute e la malattia sono considerati “altamente sensibili”, pertanto tutte le informazioni che si potranno raccogliere non rappresentano la semplice lettura di materiale biologico, ma ci dicono qualcosa dell’identità – innanzitutto sul piano biologico – delle persone. Per questa ragione la pratica della raccolta e dello stoccaggio di campioni biologici umani solleva alcune importanti questioni morali, che il diritto può risolvere in parte, ma che in parte lascia aperte, proprio perché esse rimandano alla visione che ciascuno di noi e che la società ha o può avere della vita, della salute e della malattia.

    Le questioni principali che si pongono sono le seguenti:

    1. le biobanche rappresentano un medium, svolgono infatti un ruolo di mediazione, tra coloro che effettuano ricerca e le persone dalle quali vengono prelevati i campioni, perché presentano una condizione di malattia o perché sono a rischio di svilupparne alcune. In questo ruolo di mediazione che viene loro attribuito, le biobanche devono farsi garanti verso i pazienti dell’osservazione di alcune condizioni importanti di tutela dei dati e delle informazioni che li riguardano, a partire dalla corretta conservazione dei campioni, sino alla tutela dell’identità e dell’anonimato degli stessi. Possono inoltre essere messe in atto procedure di revisione da parte di un comitato etico delle ricerche condotte sui campioni biologici, garantendo così un’ulteriore verifica sulle finalità d’indagine che i ricercatori si possono porre e sulle procedure da loro adottate;

    2. i dati genetici, ancor più degli altri dati che riguardano la salute e la malattia, vengono considerati “altamente sensibili”, perché rivelano informazioni sulla persona e sulla sua famiglia e potrebbero rivelare tratti genetici o condizioni che possono indurre stigmatizzazioni o discriminazioni: per questa ragione va garantita in maniera ancora più specifica la messa in atto di tutte quelle procedure che possono aiutare a tutelare l'anonimato dei materiali e la riservatezza delle informazioni da esse ricavate (loro anonimizzazione, completa o parziale, loro codificazione …);

    3. come avviene per tutte le pratiche di ricerca e di cura, è fondamentale garantire il coinvolgimento del soggetto interessato: questo comporta che la persona riceva una comunicazione precisa sul trattamento che verrà fatto di questi materiali e sulle modalità di gestire le informazioni che se ne potranno ricavare, e che quindi esprima il proprio consenso libero ed informato alla conservazione e all'uso del proprio materiale biologico da parte della biobanca; per rispetto di questa libera adesione va sempre garantita alla persona la possibilità di revoca del consenso;

    4. i dati genetici che riguardano la singola persona devono spesso essere messi in relazione con quelli delle altre persone che compongono la sua famiglia o il suo gruppo d'origine, ad esempio quando si dia familiarità genetica per alcune malattie: i dati che riguardano il singolo individuo vanno perciò riletti assieme a quelli appartenenti ad altri soggetti. Questo comporta un progressivo superamento dell'ottica individualistica ed esige che si bilanci la nozione dell’autonomia individuale con quella della beneficialità, considerando appunto quale beneficio, individuale o comunitario, potrebbe essere ricavato dall’applicazione e dall’effettuazione di questo tipo di ricerche; mai però l’interesse della comunità potrà essere anteposto alla scelta libera della persona di non partecipare ad una ricerca o alla decisione di interrompere la propria partecipazione;

    5. la pratica delle biobanche pone in evidenza il rapporto non scontato che si può stabilire tra tessuti umani o parti del corpo umano e il concetto di proprietà: se i nostri tessuti ci appartengono, li possiamo allora cedere liberamente. Che uso ne può essere fatto da parte della biobanca? Quali tutele ulteriori vanno garantite? Sono queste domande ancora aperte, alle quali si stanno cercando risposte.

    Quando si parla di raccolta dei materiali biologici ai fini dell'avanzamento delle ricerche si può provare ad adottare una logica di «donazione»: questo potrebbe rappresentare un nuovo modo di pensare e vivere la partecipazione all'impegno di questo tipo di ricerca in medicina. Le informazioni genetiche possono rappresentare un beneficio per tutti e le ricerche di genetica medica possono aiutare a prevedere e predire rischi di malattia per le singole persone e per le popolazioni. Se prendiamo quella della biobanca come una metafora, vediamo che essa ci parla già di un preciso valore positivo riconosciuto ai materiali biologici e genetici che qui vengono raccolti e conservati come una risorsa preziosa, per i singoli e la comunità.

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